Commento: |
Dall’esperienza della Casa della Carità, una riflessione sulla convivenza con il popolo Rom I Rom a Milano, i Rom in una metropoli italiana ed europea: è un incontro-scontro che perdura da molto tempo, ma che sta acquistando oggi note, a volte, particolarmente drammatiche. La politica, con i «pacchetti sicurezza», è un amplificatore del disagio. Dal disagio dell’immigrato, di cui il popolo italiano ha più di un secolo d’esperienza, si è passati al disagio «a causa» degli immigrati, e qui la metropoli rischia di respirare l’aria forzata di una cappa ideologica che ormai attraversa i partiti, le opinioni, le cosiddette forze sociali e che va sotto il tema «sicurezza», dimenticando che l’insicuro è, anzitutto, chi è senza domicilio fisso, senza lavoro, senza aiuti, senza stima, senza volto... dimenticando che l’accattonaggio, lo scippo e altra violenza sono un frutto e non una causa. I Rom e noi sono i termini di un rapporto che fotografa perciò il nostro disagio sociale e civile e così si può perdere l’occasione che i Rom contribuiscano al realizzarsi di una società pluralista. Il pluralismo è la tensione inevitabile di una metropoli che non voglia implodere, come testimoniano figure tra loro diversissime, come Mumford o Panikkar, Geddes o l’Abbé Pierre. L’implosione di una metropoli non è il disordine, il misto, il diverso, il cumulo dei problemi, l’incontro-scontro, ma l’ordine totalizzante ed escludente. L’implosione di una metropoli è che ci sia un «noi», sempre più asettico, e tanti «resti»: gli altri. Ghettizzare i Rom non è da metropoli del XXI secolo: è avvilente per i Rom e per noi metropolitani. Ma chi oggi può rischiare di dirsi «noi»? Solo chi rischia un reale rapporto con l’altro. Il meglio del pensiero europeo del secolo scorso lo sintetizza, senza alcun partitismo, da Buber a Lévinas, da Sini a Derrida, da Beckett a Camus. La parola la prende il filosofo, il drammaturgo, il poeta, ma la parola-testimone la prende chi nella situazione rischia il rapporto, chi fa di questa la sua ragion d’essere. La Casa della Carità fondata da don Colmegna a Milano, con la sua gente, la sua ospitalità le sue iniziative riguardo a emarginazione e immigrazione, può dire un I Rom e noi che non sarebbe altrimenti dicibile. |