Incentrata sul rapporto fra tempo e identità, questa indagine rovescia alcune interpretazioni "classiche" del pensiero adorniano, mettendo in questione certe modalità contemporanee di pensare l'utopia.
Piuttosto che l'orizzonte del possibile, infatti, l'utopia per Adorno è pietra angolare tanto della domanda sull'uomo quanto della domanda sulla storia. Se l'antropologia negativa adorniana nega la possibilità di determinare positivamente la natura umana, la sua filosofia della storia tenta di rinvenire nella storia le tracce totalitarie di quel dominio plurimillenario sull'uomo e sulla natura che giunge oggi, nel "mondo amministrato", ad un parossismo apparentemente senza vie d'uscita.
Questo lavoro intende restituire al concetto adorniano di redenzione la cogenza e il rilievo gnoseologico che merita - per quanto paradossale, imprendibile ed eccentrico rispetto all'attuale ordine culturale possa apparire - e mostrare come il pensiero di Adorno (1903-1969) prenda costantemente le mosse da un'urgenza delle cose che porta un doppio nome: quello insopprimibile di attualità e quello, forse ancora più indelebile, di speranza.