Commento: |
Questo non è un libro per specialisti, ma per i tanti appassionati della figura e dell’opera del massimo poeta del Novecento. Per questo presenta una sintesi totalizzante, che getta uno sguardo complessivo e unificante sui problemi biografico-espressivi montaliani. In genere la critica diffida altamente delle congiunzioni vita-opera, che invece sono la ragione stessa di questo lavoro, nella convinzione che il vissuto di un autore, cioè quanto del semplice accadere biografico è entrato nell’immaginario e nel fantasmatico, è determinante per cogliere le radici da cui si è nutrita l’opera di uno scrittore. Il libro si apre con l’incontro dei due personaggi-simbolo del romanzo e della poesia italiana del secolo scorso, Svevo e Montale, il commerciante di vernici triestino che aveva scritto qualche capolavoro del tutto ignorato e il giovane aspirante poeta che ne aveva intuito la grandezza e per conto suo aveva già scritto la raccolta poetica destinata col tempo a diventare leggendaria, gli Ossi di seppia. Entrambi erano artisti "involontari", obbedienti solo a un demone che li spingeva irresistibilmente all’espressione. Entrambi rappresentavano a loro modo il profondo disagio dell’artista nella modernità novecentesca, che trae la necessità dell’opera dal "male di vivere". I primi capitoli esplorano la formazione degli stampi immaginativi del poeta proprio a partire dalla difficoltà di affidarsi all’esistenza, fino all’edizione della prima raccolta. In seguito il libro alterna e congiunge tra loro, giovandosi di una grande messe di testimonianze, il difficile vissuto con il progressivo approfondirsi del discorso poetico, testimoniato dalle grandi raccolte successive, fino a quelle della vecchiaia. Determinante in Montale è il tema del femminino, a cui questo lavoro dedica largo spazio, perché qui si è al centro di tutte le inibizioni e ossessioni del poeta e di qui nascono le liriche più alte. |